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Anpvu e Nessuno Tocchi Caino in visita al carcere di Catanzaro


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Ringrazio ed elogio il lavoro svolto giornalmente dalla direttrice Angela Paravati e dalla Polizia penitenziaria tutta. La nostra presenza come Associazione Nazionale Anpvu, oltre a segnare un punto di vicinanza con le priorità di Bernardini e D’Elia a sostegno dei più deboli è dovuta anche per rispolverare una circolare di dicembre 2016 firmata dall’ex Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), l’avvocato Santi Consolo, con cui si autorizzava il via libera alla diffusione delle sigarette elettroniche, con e senza nicotina, negli istituti penitenziari, sia nei locali pubblici o aperti al pubblico che nei pubblici uffici“. Parole di Carmine Canino, presidente dell’associazione dei consumatori di sigarette elettroniche, al termine della visita fatta al carcere di Catanzaro. L’accesso alla struttura è stata consentita grazie all’impegno della presidente e del segretario dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini e Sergio D’Elia. In delegazioene anche Giovanna Canigiula, Sabrina Renna, Gianmarco Ciccarelli, Giuseppe Candido, Antonio Coniglio, Antonio Giglio. “Le difficoltà dare seguito alla Circolare Consolo – continua Canino – sono insorte nel momento in cui si non si è riusciti a trovare un modello idoneo con le misure di sicurezza delle carceri. Oggi, però, il mercato offre varie tipologie di device, che potrebbero essere idonei con le misure di sicurezza degli istituti penitenziari. Progetti analoghi sono già stati avviati con successo in Francia e Regno Unito ed auspichiamo e ci mobiliteremo affinché anche in Italia la situazione possa sbloccarsi al più presto in quanto la sigaretta elettronica allevierebbe i danni per la salute sia dei detenuti ex fumatori che dei loro compagni di cella, costretti fino ad oggi ad intossicarsi respirando il fumo da combustione, sia del personale amministrativo“.
Durante le circa sei ore della visita, la delegazione ha parlato con tutti i detenuti presenti, verificando di persona i limiti e le carenze della struttura. Come ha spiegato Rita Bernardini al termine dell’incontro, anche se ci sono grandi eccellenze come un centro clinico di sette posti e una piscina per l’idroterapia “il sistema non funziona a livello centrale, abbiamo incontrato tantissimi detenuti incompatibili col sistema carcerario. La magistratura di sorveglianza non è capace di gestire il trattamento del singolo detenuto e si limita a respingere tutto. Nonostante il quadro poco buono mi sento di poter elogiare la direttrice Paravati e la Polizia penitenziaria per come riescono a gestire con tante lacune oggettive questo istituto dove c’è per esempio una pasticceria eccezionale guidata da uno chef vero che si dovrebbe implementare“.
È un reperto archeologico – rincara Sergio D’Elia – siamo in una dimensione fuori dal tempo: a questo punto della storia dei diritti umani questa struttura nulla hanno a che fare con la vita, con la sicurezza. Va trovato qualcosa di meglio e nutro fiducia nella Ministra Cartabia che quanto meno culturalmente parla di una dimensione diversa, quella di una giustizia riparativa: qui però non si ripara nulla, qui si distrugge“.

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