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P3L, la nuova sigaretta elettronica di Philip Morris


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di Beatrice Mauri

Dopo Iqos, la non sigaretta elettronica, Philip Morris ci riprova. Il Christchurch Clinical Studies Trust, laboratorio neozelandese, ha appena annunciato di aver completato gli studi clinici di una innovativa alternativa alle sigarette tradizionali. Il prodotto testato ancora allo stadio di prototipo, detto P3L (Platform 3 Liquid), è appunto made in Philip Morris. Funziona mescolando nicotina e acido lattico e produce un vapore inalabile di sali di nicotina, che permette un assorbimento più rapido rispetto alle altre terapie sostitutive. Non a caso si avvale di una tecnologia sviluppata dal Professor Jed Rose, co-inventore dei cerotti alla nicotina, insieme ad altri ricercatori della Duke University.
Per valutare l’efficacia del nuovo strumento, i ricercatori l’hanno comparato all’inalatore Nicorette, testandolo su dieci fumatori adulti. Scopo dello studio era valutare la velocità di assorbimento della nicotina, oltre alla sicurezza generale del sistema. Con P3L il picco di assorbimento di nicotina si raggiunge sei volte prima rispetto all’inalatore, dunque per il fumatore la soddisfazione arriva più velocemente. Infatti i partecipanti allo studio hanno giudicato il prodotto più soddisfacente rispetto all’inalatore e dichiaravano meno voglia di fumare. Al contempo non si sono rilevati effetti collaterali importanti. Purtroppo lo studio è stato condotto solo per comparazione con quello specifico inalatore, mentre sarebbe stato interessante avere anche dati comparativi con le sigarette di tabacco o con una buona sigaretta elettronica di nuova generazione.
Bisogna dunque aspettarsi l’arrivo sul mercato di un nuovo prodotto per smettere di fumare firmato Philip Morris? Pare proprio così, per quanto possa sembrare ironico che un colosso dell’industria del tabacco lavori in parallelo anche per trovare prodotti per chi cerca di smettere con le sigarette. D’altronde è ormai da anni che tutte le maggiori aziende produttrici di sigarette cercano di imporsi, con più o meno successo, anche nel settore del fumo elettronico. Dove c’è un mercato, ci sono anche loro.

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Al di la delle considerazioni nel merito dell' articolo la chiusa la trovo un po' buttata li:

"D’altronde è ormai da anni che tutte le maggiori aziende produttrici di sigarette cercano di imporsi, con più o meno successo, anche nel settore del fumo elettronico. Dove c’è un mercato, ci sono anche loro."

Con più o meno successo? Il meno lo conosciamo tutti, mentre è il più che confonde? Esattamente chi avrebbe avuto tale successo? In che situazione?

Dove ci sono un mercato ci sono anche loro? Chi scrive evidentemente non conosce le dinamiche in cui è nato questo settore.

Questo è un punto importante perchè se non se conoscono le origini non si capisce il motivo per cui oggi aziende

importanti hanno tante difficoltà ad imporsi.

Lo svapo nasce come fai da te le cui pratiche sono state amplificate ed il cui successo è dovuto forse per la prima volta totalmente ad internet ed ai forum ( sicuramente in Italia e posso immaginare anche all' estero ).

Il problema grosso è che chi doveva accorgersi della portata potenziale del fenomeno non se ne accorto portando a generazione di prodotti poco appetibili per il mercato tradizionali ( prodotti con altissimo tasso di artigianalità, consumabili reperibili su mercati diversi da quello specifico  ).

Insomma "la sigaretta elettronica" non è un prodotto calato dall' alto da una azienda dopo ricerche di mercato o grazie all' intuizione di di un imprenditore  che identifica ed investe in un potenziale settore in cui far business.

Ora quel settore è già occupato da fai da te, da abitudini consolidate, da aziende cinesi che sono cresciute negli anni . 

Solo un suo quanto meno parziale riavvio può permettere agli attori tradizionali di avere una seconda occasione e potersi fregiare del titolo di "Presente dove c' è un mercato": questo riavvio in Europa si chiama TDP.

 

 

 

 

 

 

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