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Coil e fili complessi per massimizzare la densità aromatica


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(tratto dalla rivista bimestrale Sigmagazine #10)

di Giovanni Favino

Nel vaping, tutto è partito da semplici prodotti che nella forma e nella tipologia volevano traghettare i consumatori dal tabagismo a un’alternativa più salubre. Un mercato fatto di soli atomizzatori a testine, di batterie “a penna” e di liquidi basati su singoli aromi. Man mano che gli atomizzatori si evolvevano nelle componenti e nel funzionamento, l’elemento riscaldante si faceva più differenziato e personalizzato, fino al sopraggiungere dei cosiddetti atomizzatori “rigenerabili”, dove la testina lascia il posto a uno spazio vuoto apposito, in cui l’utente andrà a installare una resistenza fatta a mano da lui stesso o da professionisti del settore. È proprio qui che la complessità delle resistenze ha trovato il modo di esprimersi al top. Precisiamo innanzitutto che anziché parlare di complex coil, è più logico parlare di fili complessi, o complex wires, da cui si ricaveranno poi le resistenze in questione. Detto ciò, la nascita di questa particolare tipologia di filo per rigenerare è la risposta al tentativo di massimizzare la densità aromatica senza ricorrere a molteplici coil. Questo concetto è molto importante per capire poi il senso dei complex wires e di tutta la filosofia di rigenerazione retrostante.
coil1-300x207.jpgDi fatto, quando un atomizzatore funziona bene e piace al pubblico, i fattori frequentemente nominati sono la tipologia di tiro, la resa aromatica e la quantità di vapore prodotto. Tralasciando il primo punto, che dipende strettamente dalla conformazione dei canali dell’aria, le altre due caratteristiche derivano da una combinazione tra la struttura dell’atomizzatore e il funzionamento più o meno efficace ed efficiente della resistenza. Una abbondante quantità di vapore e una elevata resa aromatica aumentano la densità aromatica che, fisicamente parlando, si traduce in una maggiore vaporizzazione di liquido e quindi un’aumentata percezione del gusto. Un altro aspetto che ne deriva è la produzione di nuvole più abbondanti ed appaganti. In tutto questo, un parametro fondamentale da tenere sotto controllo è la temperatura della resistenza, che non deve in alcun modo surriscaldarsi, sia per le diverse ragioni legate alla salute, ma anche per non degradare le molecole di aroma più termolabili.
Si è quindi partiti dall’idea di ottenere un filo in grado di dissipare efficacemente il calore e che fosse sufficientemente capillare da vaporizzare abbondanti quantità di liquido nel minor tempo possibile. Con questi presupposti è nato il filo “clapton”, che è il più semplice dei fili complessi. Si tratta sostanzialmente di un filo a sezione rotonda, chiamato “core”, cioè nucleo, avvolto da un filo più sottile, detto “wrap”, sempre a sezione tondeggiante, le cui spire sono a contatto l’una con l’altra, andando quindi a formare una sorta di “corda di chitarra”, struttura questa che dà il nome al filo stesso, omaggiando il celebre chitarrista. Da questo primo filo complesso, le migliorie e le elaborazioni hanno riguardato il numero, la tipologia e la disposizione di wrap e core.
coil4.jpegÈ quindi nato il “fused clapton”, in cui il filo che fa da nucleo viene aumentato di numero, raddoppiandolo, triplicandolo e così via. Anche il wrap, cioè il rivestimento esterno ha subìto modifiche e rielaborazioni, portando alla nascita dell’alien, di fatto un filo fused clapton con un wrap ondulato, così da aumentare la lunghezza a parità di spazio occupato. La struttura staggered ha introdotto l’idea di realizzare il core utilizzando più fili clapton semplici, che a loro volta presentano un wrap spaziato, tra le cui spire si posiziona il wrap esterno. Questa soluzione chiaramente massimizza le intercapedini e quindi la ritenzione di liquido. Il cambio del core, con l’utilizzo del filo ribbon, ha portato alla nascita dello “staple”, ottenuto appaiando vari fili piatti e procedendo poi con l’usuale avvolgimento esterno. Lo “staple framed” ha chiuso il cerchio, portando all’aggiunta di due fili laterali per dare più robustezza alla struttura. Potendo quindi combinare l’ondulazione del wire alien, con la struttura interna dello staple e del fused, si è arrivati alla creazione di diverse combinazioni, ad esempio l’“alien staple framed”, detto anche fralien, o il “fused staple framed”.
coil2.jpegLa scelta di un filo anziché un altro dipende sostanzialmente dalla preferenza soggettiva e dalla tipologia di atomizzatore. Tutti questi complex wires sono infatti nati originariamente per l’uso su dripper in meccanico, grosso modo quattro anni fa, prevedendo quindi un’abbondante presenza di liquido e un flusso di aria massivo. Negli ultimi due anni circa, a causa del notevole successo che questa tipologia di fili ha ottenuto sugli atomizzatori più spinti e polmonari, i builders hanno iniziato a costruire fili complessi di dimensioni ridotte, per soddisfare le richieste dei vapers “di guancia”, cioè tutta quella fetta di utenza che predilige un tiro più chiuso. La peculiarità, che come detto in precedenza risiede nella elevata aromaticità e nella abbondante produzione di vapore, si può infatti ben sposare anche con un tiro più contrastato, tenendo conto delle dovute proporzioni rispetto ai fratelli maggiori più ariosi. A differenza di quanto comunemente si può essere portati a credere, non è infatti necessariamente vero che nuvole dense e abbondanti siano per forza scarsamente aromatiche, così come non è vero che il famoso flavour chasing escluda per forza la presenza di cloud chasing. Chiaramente i diversi materiali utilizzati per la realizzazione delle coil complesse possono influenzare la resa organolettica. Questo ha portato all’utilizzo di Nichel 80, acciaio inox 316 e Kanthal A1, che di base rispondono diversamente alle potenze in gioco e che hanno quindi come effetto finale per l’utente una differente restituzione aromatica.
coil.jpgSembrerebbe quindi che i complex wires siano la panacea e la miglioria di ogni atomizzatore, ma ovviamente non è così. I principali limiti riguardano l’utilizzo su atomizzatori molto strozzati e su deck particolarmente piccoli, che richiederebbero dei fili eccessivamente sottili per poterne avere un reale beneficio. Il risultato finale sarebbe, quindi, un surriscaldamento anomalo, con il relativo profilo di pericolosità dal punto di vista medico e con una qualità aromatica estremamente ridotta, per non dire scadente. L’utilizzo di un filo complesso va infatti ben ponderato in fase di rigenerazione: uno non vale l’altro, e non tutti possono essere utilizzati su ogni atomizzatore. Una buona messa a punto richiede la conoscenza del proprio hardware e una corretta valutazione delle peculiarità di ogni filo, operazione, questa, che può essere effettuata per proprio conto, se si ha la conoscenza necessaria, o che può essere svolta dal builder in fase di realizzazione personalizzata per i diversi utenti.
coil-300x188.jpgIl mancato rispetto delle caratteristiche intrinseche del filo o dell’atomizzatore può portare a un paradossale crollo aromatico o un aumentato calore in fase di inalazione. O, addirittura, può generare l’errata convinzione che tra un filo complesso e un filo semplice non cambi nulla, conclusione questa che è semplicemente agli antipodi di ciò che è stato il motivo della nascita dei complex wires e che si scontra pesantemente con la realtà dei fatti, una volta configurato correttamente tutto il setup. Saper trovare il giusto filo per il giusto hardware può non essere immediato ma certamente, una volta che la scelta sarà fatta, tutta la complessità del filo si esplicherà nel modo più semplice e piacevole possibile, stuzzicando il palato del vaper.

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Articolo importato automaticamente da Sigmagazine

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a me mi rendono di più le twist, esempio 2 fili di acciaio 0.39 twistati - resistenza finale 0.36 ohm mi rende meglio che una clapton di acciaio fatta con core 0.39 + wrap di 0.32 - resistenza finale 0.43 ohm

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