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Allarme sigaretta elettronica, la superficialità fa male alla salute


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di Stefano Caliciuri

E come ogni anno, con l’approssimarsi della legge di bilancio si intensificano le pressioni e gli attacchi nei confronti del comparto della sigaretta elettronica. Dopo l’inelegante articolo del Sole 24 Ore di ieri, oggi arriva lo “scoop” del Corriere della Sera, che affida al volto pulito e noto di Milena Gabanelli un lungo monologo d’accusa nei confronti della sigaretta elettronica. Addirittura in video, perché, si sa, nell’era dei social è diventato complicato leggere più di un titolo, quindi ci affida all’immagine in movimento. Si fa clic e si lascia scorrere il tempo, magari neppure ascoltando con estrema attenzione, basta solo sapere che “l’ha detto anche la Gabanelli“.
Sono molti i punti oscuri del servizio. Ad esempio, quando si dice che i liquidi per sigarette elettroniche non sono sottoposti a controlli di sicurezza. Mai affermazione fu più falsa. La normativa europea prevede che tutti i liquidi debbano essere analizzati e i risultati comunicati al Ministero della salute. Oltretutto, un liquido può essere venduto soltanto dopo sei mesi dalla comunicazione, dando così il tempo al Ministero di verificarne la purezza. Negli Stati Uniti questo non avviene, non vi sono ancora regole e norme scritte. Ma ben presto ci saranno ed è proprio per questo che i maggiori giornali a stelle e strisce in questi mesi stanno approfondendo la conoscenza sulla sigaretta elettronica. Il dibattito statunitense per noi è vecchio, quello che loro stanno per fare in Europa è già successo con l’approvazione e il recepimento da parte di ogni singolo paese membro della Direttiva europea sui tabacchi e liquidi da inalazione.
juul-300x193.jpgAnche quando si parla di Juul, una mini sigaretta elettronica prodotta da una azienda statunitense, non si fanno i conti con le nostre regole. Viene detto che contiene elevate dosi di nicotina. È vero, la concentrazione può superare anche i 50 milligrammi per millilitro. Peccato che in Europa questo sia illegale, non caso quel determinato prodotto non ha mai varcato i confini continentali. La Direttiva europea pone limiti ben inferiori (20 milligrammi). I liquidi di ricarica (abbiano o meno nicotina) in Italia sono monitorati e distribuiti da aziende autorizzate dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Tutto ciò che transita nel Paese al di fuori del circuito statale è considerato un prodotto di contrabbando, con i rilievi civili e penali che ne conseguono per i responsabili. Essendo equiparata al tabacco (pur non essendolo) la sigaretta elettronica non può essere venduta neppure online, così come i liquidi di ricarica. In Europa, oltretutto, esiste il divieto di vendita ai minori dei prodotti del tabacco. Regole che devono rispettare per legge anche i negozi specializzati in sigarette elettroniche.
Tutto quanto precedentemente citato, invece, negli Stati Uniti è possibile. Ancora non esistono norme e leggi che regolamentano il settore del vaping.
Un ulteriore pericolo paventato nel pezzo di Gabanelli è il rischio di entrare in contatto con i danni da vapore passivo. Anche in questo caso manca la controparte, l’altra voce della campana. A scanso di equivoci e di accuse di partigianeria, ci affidiamo alle parole della multinazionale del tabacco British American Tobacco: “Allo stato attuale della ricerca non vi sono prove significative che indichino che l’esposizione passiva al vapore delle sigarette elettroniche sia dannosa. Il Professor John Britton e la Dottoressa Ilze Bogdanovica, dello UK Centre for Tobacco and Alcohol Control Studies, in un rapporto commissionato dal Public Health England sintetizzano le conoscenze attuali affermando che le sigarette elettroniche non producono fumo, pertanto è chiaro che i ben documentati effetti dell’esposizione passiva al fumo di sigaretta in questo caso non si verificano“.
Schermata-2018-10-24-alle-12.08.44-300x2In un video, l’immagine è ben più importante delle parole. Per questo fa specie che la giornalista, mentre parla di sigarette elettroniche, tenga in mano un riscaldatore di tabacco. Un prodotto, questo sì, che contiene tabacco e la cui pubblicizzazione è vietata. Di pessimo gusto, poi, la scelta di mandare in onda come chiosa del servizio l’espressione di disgusto della Gabanelli dopo aver aspirato il vapore della sigaretta elettronica.
Nei giorni scorsi a Ginevra si è svolto la Conferenza delle parti sulla Convenzione quadro del tabacco dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il documento di sintesi conclusivo non ha lasciato spazio a dubbi: la sigaretta elettronica non è un prodotto del tabacco. Lo è invece il riscaldatore, lo strumento che riscalda vero tabacco. L’Organizzazione  mondiale di sanità ha determinato che nei prossimi due anni occorre approfondire la conoscenza con questo nuovo strumento che anche, se blando, fa pur sempre fumo. La sigaretta elettronica, al contrario, non produce fumo ma vapore. E non necessariamente contiene nicotina.
Gabanelli avrebbe avuto la possibilità di approfondire e di spiegare come una piccola industria, nata dal basso e che produce uno strumento che riduce il danno da fumo, sia stata vessata e rischi di essere schiacciata da interessi molto più grandi (e non solo Big Tobacco). Invece fa un servizio macchiettistico e finisce, forse inconsapevolmente, per fare un assist proprio a quegli interessi.

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