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Sigaretta elettronica, ricercatori italiani smentiscono studio allarmistico


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di Barbara Mennitti

È stato condotto dal team italiano del Coehar (Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo) lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica European Repiratory Journal, che confuta una ricerca sulla relazione fra vapore di sigaretta elettronica e aumento dell’aderenza degli pneumococchi all’epitelio delle vie aeree. In un lavoro pubblicato dei primi mesi dell’anno, un gruppo di ricercatori inglesi coordinato da Lisa Miyashita aveva riscontrato che l’uso delle ecig aumentava la suscettibilità dell’utilizzatore alle infezioni da pneumococco.
riccardo-polosa-150x150.jpgIl team di ricercatori del professor Riccardo Polosa in collaborazione con il gruppo del noto microbiologo del Dipartimento Biometec dell’Università degli Studi di Catania, il professore Pio Maria Furneri, ha esaminato attentamente lo studio e la metodologia utilizzata da Miyashita e si è reso conto che il risultato riscontrato si verificava solo in condizioni di utilizzo definite “abnormi”. L’approfondita analisi dei metodi e dei risultati che hanno portato i ricercatori londinesi alle conclusioni infauste – spiega Furnieri – ha evidenziato che lo studio era stato impostato in maniera da esporre le cellule ad uno stimolo abnormale ed abnorme. Questo – ha aggiunto – ha esposto le cellule a stimoli eccessivamente stressanti, non paragonabili a quelli cui è sottoposto uno svapatore (neanche uno estremo!)”.
I microbiologi hanno, inoltre, rilevato che il ceppo di pneumococco scelto dai ricercatori inglesi appartenga a un ceppo poco adatto a questo tipo di studi, poiché presenta una scarsa ripetibilità nella capacità di crescita. “Dal lavoro – ha commentato Massimo Caruso del team di Polosa –  è emerso che gli effetti osservati sulle cellule di epitelio nasale erano acuti e transitori, tanto che l’espressione del marcatore di danno nasale, scelto dai ricercatori inglesi, non mostrava differenza significativa tra un gruppo di soggetti sani non fumatori ed un gruppo di soggetti sani svapatori”.
Insomma, secondo i ricercatori italiani, dopo tutti questi anni ci si ritrova ancora davanti al solito problema di studi che lanciano allarmi sulla base di risultati ottenuti con metodologie che non mimano l’uso realistico della sigaretta elettronica.

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